Rigenerare legami sociali, promuovere azioni partecipative, permettere alle città di esprimere pienamente il proprio potenziale di comunità
Grande partecipazione di Amministratori venerdì 18 marzo alla 13ma edizione della Scuola delle Buone pratiche, che si è svolta all’interno della fiera Fa’ la cosa giusta!, dove il tema centrale, presentato con esempi applicati in diverse realtà locali, era “La rigenerazione dei legami sociali nelle comunità, promossa e incentivata da azioni amministrative”.
Perché proprio questo tema? Per diverse ragioni.
Nelle nostre comunità, percorse da difficoltà enormi, per superare le quali manca memoria recente, il rischio più grosso che incombe è la frantumazione dei legami sociali, delle relazioni personali e istituzionali, del mutuo aiuto e della fiducia reciproca, con conseguenze devastanti per la tenuta della democrazia, della coesione sociale e per la capacità stessa di superare le difficoltà, come mostra il Rapporto Onu 2015 sulla felicità globale (Sommario rapporto 2015 sulla felicità). Su sei indicatori utilizzati per il Rapporto, cinque si riferiscono alla sfera sociale, e riguardano la possibilità di poter contare su qualcuno in un momento di difficoltà, l’aspettativa di vita in buona salute, la percezione di poter compiere scelte di vita, la generosità e la percezione della corruzione.
D’altra parte è facilmente osservabile il disagio che afferra le persone nel momento in cui non trovano una rete sociale su cui contare nei momenti di difficoltà e i rifugi a cui si aggrappano, non ultimi le dipendenze.
Dal novembre 2012 nella Scuola delle Buone pratiche e in tante iniziative presso i comuni, le associazioni, gli istituti scolastici abbiamo affrontato il problema del gioco d’azzardo e i rischi di dipendenza che ne derivano, per scoprire ogni volta che ciò di cui hanno profondamente bisogno le persone per vivere bene sono l’amicizia, l’avere altri con cui condividere esperienze, la possibilità di fare esperienze di volontariato, la necessità di sentirsi utili verso gli altri. Sappiamo dunque che se vogliamo sconfiggere le conseguenze negative del gioco d’azzardo, dobbiamo prima di tutto preoccuparci del benessere delle persone, del loro bisogno di relazioni, della necessità di un ambiente sociale accogliente in cui vivere.
La sfida allora, per chi governa le Istituzioni, è quella di implementare le politiche in modo che il tessuto sociale delle comunità sia sempre più vitale, perché il benessere umano può essere promosso attraverso obiettivi che combinano fattori economici, sociali e ambientali.
La Scuola di quest’anno allora ha proposto agli Amministratori di confrontarsi su alcune buone pratiche innovative sia per i fondamenti legislativi che le legittimano, sia per le interpretazioni applicative che ne danno diversi Comuni, sia per le relazioni positive che sviluppano tra le persone e le comunità.
L’esperienza dei ragazzi del Rione Sanità a Napoli
Il primo tema l’ha presentato don Antonio Loffredo, parroco della basilica di S.Maria della Sanità nel Rione Sanità a Napoli, il quale ha sostituito Paolo Verri, Direttore di “Matera 2019 Capitale europea della cultura” chiamato a Roma dal Ministero proprio in quel giorno.
Don Antonio ha presentato l’esperienza di recupero al lavoro e alla legalità di tantissimi giovani che, senza questo progetto, difficilmente nel Rione avrebbero trovato le condizioni per liberarsi da situazioni di subalternità e illegalità. Lì il Parroco ha raccolto intorno a sé persone e organizzazioni di buona volontà per lanciare diversi progetti: un’orchestra, tutti a scuola, cooperative sociali, una Fondazione. Così i ragazzi hanno avuto la possibilità di andare a scuola, partecipare a scuole di musica e a corsi di formazione per lavori di artigianato (muratori, imbianchini, elettricisti, ecc.), di andare in Inghilterra per imparare bene la lingua inglese, e infine, di organizzare il recupero delle catacombe di San Gennaro e gestirne il flusso turistico.
Nel dicembre2014 è stata costituita la Fondazione di Comunità San Gennaro, con la partecipazione di tante altre fondazioni, di reti d’impresa, di cooperative, società e parrocchie. Suo intento è quello di trovare risorse per sostenere l’infanzia e i minori, lottare contro la dispersione e l’abbandono scolastico; supportare la genitorialità, avviare buone pratiche nella lotta e nella prevenzione all’esclusione sociale; creare occupazione per giovani tra i 18 e i 35 anni, accompagnare lo start up di nuove imprese giovanili rivolte in particolare ai nuovi ambiti di innovazione e tecnologia e che privilegino gli aspetti della vivibilità ambientale, delle energie pulite e della sviluppo sociale; avviare attività nell’ambito del turismo sostenibile, coniugando le vocazioni del territorio con la capacità di attrarre percorsi innovativi nell’ambito di un turismo a carattere locale e internazionale; sostenere i diversamente abili per la realizzazione di percorsi di inclusione sociale con particolare attenzione a tutte le tematiche connesse alla disabilità; supportare attività musicali e teatrali, con particolare attenzione alle nuove generazioni di operatori del settore.
Interessantissimo il racconto di don Antonio: nelle sue parole vivevamo la ricchezza sociale delle relazioni costruite e ricostruite, la varietà e vastità delle idee e dei progetti, la meraviglia delle realizzazioni.
Una sua nota ci ha colpito in modo doloroso: “Abbiamo fatto tutto senza le Istituzioni” ha detto don Antonio. “Ci avrebbero fatto perdere troppo tempo, troppa burocrazia, troppe incertezze”.
Un monito per tutti noi che governiamo le Istituzioni: conosciamo i tempi e le complessità delle procedure che troppo spesso rischiano di espropriarci dei progetti più significativi; ma non dobbiamo arrenderci, dobbiamo darci da fare per risolvere i problemi, perché i progetti possano realizzarsi nei tempi necessari. Perché le nostre comunità hanno bisogno della fiducia, della certezza, della realizzazione che noi possiamo garantire. Hanno bisogno di istituzioni sane, attente ai loro bisogni, in grado di mostrare orizzonti positivi verso cui dirigersi.
Il baratto amministrativo che rigenera socialità
Abbiamo affrontato anche il baratto amministrativo, non inteso però come semplice scambio di ore lavoro in sostituzione dei tributi non versati, bensì nell’ottica più ampia, che trova il suo orizzonte nell’art 118 della Costituzione sulla sussidiarietà orizzontale e la sua applicazione nell’art. 24 dello Sblocca Italia che consente di intendere il baratto come motore di attivazione delle risorse presenti nella società per la produzione di servizi collaborativi, la generazione e la cura di beni comuni materiali e immateriali, la trasformazione di spazi privati in spazi pubblici, e di sostegno all’iniziativa dei cittadini attivi e alla gestione di proposte di collaborazione.
Su questi contenuti si sono articolati gli interventi di Paolo Cottino, urbanista, e di Giuliano Pazzaglini, Sindaco del comune di Visso in provincia di Macerata.
Paolo Cottino ha mostrato come l’auto-organizzazione dei cittadini e delle loro associazioni può utilizzare la norma sul baratto amministrativo per promuovere la rigenerazione urbana di zone e ambiti dequalificati mediante azioni collaborative che attivano l’ente pubblico, i privati e il terzo settore. A questo scopo sono disponibili anche finanziamenti europei e nazionali, e la copertura normativa arriva proprio dall’art. 24 della Legge Sblocca Italia dove afferma che “i Comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli e associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. I Comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”. Anche la normativa dunque vuol promuovere e facilitare la costituzione di forme associative di cittadini, quali condizioni fondamentali per vivere bene nella città.
Rigenerazione urbana e baratto amministrativo
Il Sindaco Giuliano Pazzaglini ha raccontato l’esperienza nel suo comune, una piccola comunità sui monti Sibillini, dove l’esigenza più grande è quella di ricostruire fiducia verso le istituzioni, di rafforzare i rapporti collaborativi tra i cittadini e l’ente locale, di sostenere le relazioni nella comunità e allargarle a quelle delle comunità vicine, dato l’isolamento che spesso si vive in montagna. E tutto ciò senza stigmatizzare il mancato pagamento di tributi in un luogo dove tutti conoscono tutti. Il tema del baratto amministrativo allora è stato declinato in possibilità per gli abitanti di Visso, di tutti gli abitanti, di partecipare a lavori di manutenzione del paese. Così lavori che prima venivano appaltati all’esterno, ora, in seguito ad appositi atti amministrativi, vengono eseguiti dagli stessi abitanti, indipendentemente dal fatto che siano o no in debito verso l’Amministrazione.
Questa attenzione speciale verso i cittadini debitori nei confronti dell’Ente locale non riguarda solo comunità piccole come quella di Visso, ma tutte le nostre comunità, perché ci vuole davvero poco per etichettare alcune persone che accettano di fare servizi per la comunità.
Il Regolamento del Comune sul baratto amministrativo è stato il fondamento per le scelte dell’Amministrazione, che istituisce un Patto di collaborazione attraverso il quale Comune e cittadini attivi definiscono l’ambito degli interventi di cura o recupero dei beni comuni urbani, individuano le aree di intervento e le modalità della collaborazione. Significativi i commi dell’art. 6, che specificano l’intenzione dell’Amministrazione: “Il Comune promuove l’innovazione sociale, attivando connessioni tra le diverse risorse presenti nella società, per creare servizi che soddisfino bisogni sociali e che nel contempo attivino legami sociali, anche attraverso piattaforme e ambienti digitali. Il Comune promuove l’innovazione sociale per la produzione di servizi collaborativi. Al fine di ottimizzare o di integrare l’offerta di servizi pubblici o di offrire risposta alla emersione di nuovi bisogni sociali, il Comune favorisce il coinvolgimento diretto dell’utente finale di un servizio nel suo processo di progettazione, infrastrutturazione ed erogazione”.
Grande attenzione da parte degli amministratori presenti ha accompagnato il racconto del Sindaco di Visso: questi, pur consapevoli delle opportunità – e dei limiti – di una realtà piccola come quella di Visso, hanno potuto immaginare come riportare nei propri territori le esperienze descritte.
Comune di Visso: regolamento baratto amministrativo
La Food Strategy che rigenera territorio e comunità
Siamo al terzo tema trattato, quello delle strategie per il cibo intorno alle quali si stanno mobilitando diverse città, in Italia e all’Estero.
Le strategie alimentari volte a costituire piano o road map che aiuti le amministrazioni cittadine a integrare l’intero spettro dei problemi del sistema alimentare urbano all’interno di una cornice, un framework, che include la produzione di cibo, l’industria alimentare, la distribuzione, l’accesso e la gestione dei rifiuti alimentari, hanno occupato molti spazi di discussione durante i mesi di Expo a Milano. Le finalità infatti sono quelle sì di integrare strategie alimentari coordinate, ma di incorporarle all’interno di obiettivi di sostenibilità più ampi ai fini di garantire cibo sano e l’acqua potabile sufficiente quale alimento primario per tutti; promuovere la sostenibilità del sistema alimentare, educare al cibo, lottare contro gli sprechi, sostenere e promuovere la ricerca scientifica in campo agroalimentare. La food strategy dunque come motore di sviluppo sociale ed economico: non solo lotta agli sprechi alimentari, ma sostegno alla riscoperta di antichi saperi, motore per l’innovazione produttiva, strumento di lotta ai cambiamenti climatici, progetto di sviluppo delle città.
Il 18 marzo è stata Elena Di Bella, Dirigente Città Metropolitana di Torino, a presentare la Food Strategy di questa città, che individua nella governance alimentare la chiave per tenere insieme politiche per il cibo e sostenibilità alimentare, salute pubblica, qualità della vita e giustizia sociale, sviluppo economico.
Elena Di Bella, però, nel suo intervento si è soffermata a lungo sulle politiche per la salute pubblica attraverso l’educazione alimentare e la ristorazione collettiva, perché è qui che il Comune può incidere di più, soprattutto coinvolgendo attivamente i cittadini, i genitori, gli insegnanti, gli alunni. Il nodo della questione non sta in scelte giustissime fatte a senso unico dal Comune, ma nella condivisione delle scelte tra Amministrazione e cittadini. Si può fare qualcosa di meno, pur di farlo insieme, perché è in questo agire insieme che si costruisce la consapevolezza necessaria per fare scelte giuste, in ogni momento e in ogni luogo. Nell’agire insieme si costruiscono saperi, relazioni e legami, tanto necessari oggi.
Verso una Città Metropolitana del cibo – Torino 2015 per Torino-2
Maurizio Tira, Presidente del Coordinamento Agenda 21 locali italiane, Università degli studi di Brescia, ha sostenuto la necessità di preservare il suolo agricolo senza il quale non si può parlare di cibo, tanto meno di strategie alimentari.
Ha mostrato mappe che evidenziano la drammatica riduzione del terreno destinato all’agricoltura negli ultimi anni, invitando i presenti a riflettere sul circolo vizioso della vendita di suolo per acquisire finanziamenti che a loro volta realizzano prodotti che generano nuovi bisogni. Il Presidente del Coordinamento Agenda 21 però ha mostrato anche un esempio positivo, quello dei Comuni del vino nella Franciacorta, i quali hanno scommesso sulla qualità della vita dei propri cittadini puntando sulla qualità di un territorio come risultante della qualità dei suoi prodotti e del modo di vivere dei suoi abitanti. In sostanza la qualità del territorio sotto il profilo ambientale, sociale ed economico, paesaggistico e culturale è strettamente connessa, si riflette e dipende dalla qualità dei beni che vengono prodotti in quel territorio e dallo stile di vita dei suoi abitanti. Così non si realizza più contrapposizione fra terreno agricolo, senza valore, e terreno edificabile, di grande valore: il terreno agricolo e i suoi prodotti formano il valore per la vita sociale ed economica dei suoi abitanti.
Maurizio Gritta, Cooperativa Agricola Iris/A.S.T.R.A. bio, Calvatone (CR) ha infine portato l’esperienza della cooperativa agricola conosciutissima per la pasta Iris, in realtà fornitrice di moltissime altre produzioni agricole biologiche e biodinamiche. Avvincente la storia di Maurizio, che lascia un lavoro sicuro e ben retribuito per tuffarsi nell’avventura di una cooperativa dove si decide, si lavora, si produce, si affrontano rischi e guadagni insieme. In una visione di lavoro per la salute e il benessere di tantissime persone.
Filiera IRIS – Economia solidale
Altro materiale su questo tema:
Comunicazione del GSE sul conto termico: un’innovazione che rigenera territorio e socialità
Anche le innovazioni energetiche possono generare legami e socialità. Le facilitazioni per gli Enti locali che migliorano le prestazioni energetiche degli edifici e riducono le bollette energetiche, possono costituire l’occasione per coinvolgere i cittadini e le famiglie in
un percorso di partecipazione attiva che costruisce relazioni e democrazia, soprattutto se gli interventi vengono realizzati con la partecipazione attiva in un azionariato diffuso che rende i cittadini protagonisti delle scelte.
Eleonora Egalini, dell’Unità Conto Termico GSE, ha illustrato i vantaggi per i Comuni, che possono attingere ai finanziamenti disponibili non solo per migliorare il patrimonio comune, ma anche per sperimentare forma di acquisizione e di gestione cooperativa anche dei beni pubblici.